“Anche se fossi nel vestibolo dell’Inferno, e se ne rimanesse fuori un solo capello della tua testa, quello sarebbe sufficiente per permettermi di strapparti dagli artigli del diavolo e portarti in Paradiso.”


Le origini modeste

Nacque il 15 gennaio 1811 da una famiglia contadina e profondamente religiosa, terzo di tre figli. Frequentò le scuole pubbliche in paese prima di trasferirsi in seminario a Chieri. Da sempre cagionevole di salute, con un aspetto gracile, una voce flebile e la colonna vertebrale deviata che lo faceva sembrare gobbo, diventa sacerdote nel 1833, all’età di ventidue anni.

“Il prete della forca”

Il suo apostolato lo vede impegnato in attività che vanno dall’insegnamento di teologia all’intensa attività pastorale verso tutti i bisognosi, in particolare modo tra i carcerati e i condannati a morte, di cui oggi è Santo patrono.
Vissuto durante gli anni dei moti risorgimentali nella Torino dell’Ottocento, le carceri piemontesi erano affollate di anime sole e destinate a triste sorte. Lavorava instancabilmente per la loro conversione e per portare loro conforto nelle ultime ore di vita, fornendo supporto morale anche alle loro famiglie. Molto spesso si presentava alle esecuzioni e seguiva i condannati a morte fino al patibolo, abbracciandoli e facendoli sentire amati nei loro ultimi momenti affinché potessero trovare pace e riconciliarsi con Dio.

Formatore di santi sociali

Fu grande amico e mentore di San Giovanni Bosco, sua guida spirituale e grande sostenitore, e insieme a lui, ebbe il merito di formare molti altri sacerdoti santi, come Francesco Faà di Bruno, Clemente Marchisio, Adolfo Barberis e Lorenzo Prinotti.

La beatificazione

Morì il 23 giugno 1860 a Torino, fu beatificato nel 1925 e canonizzato nel 1947 da Papa Pio XII. I suoi resti si trovano nel Santuario della Consolata a Torino.

 

 

 

 

 

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